Charlotte Aondio


Attualmente sto frequentando il secondo anno di Laurea Magistrale in Enologia e Viticoltura inter-ateneo presso l'Università Statale di Verona frequentando corsi di Business, Marketing e enologia. Ho frequentato il primo anno presso la sede di Asti dell'università di Torino.
A fianco puoi trovare le mie esperienze e referenze;
Ti ringrazio per l'attenzione.

 

Come nasce Vinellante?



L'idea di Vinellante/Spumeggiante nasce durante gli ultimi anni di superiori, dopo aver gestito i social di un Centro Nautico per un paio di anni, ho colto la sfida di provare a creare qualcosa di mio e di investire le energie in un progetto concreto che avrebbe potuto aiutarmi in una futura carriera. Sono stata spinta dalla passione per gli alcolici, la curiosità verso il mondo della tecnologia e comunicazione, la passione per i viaggi. L'idea era quella di condividere con amici e follower, oltre alle mie visite e esperienze all'estero, tutto quello che avrei appreso durante la formazione perchè molto spesso tutto ciò che si cela dietro l'arrivo di una bottiglia sulla nostra tavola non è ben chiaro o comunque poco conosciuto ed è un peccato!

Durante la triennale ho dovuto accantonare il progetto a causa della mancanza di tempo ma ripresi gli studi in magistrale ho deciso di dare una seconda opportunità a Vinellante che mi dà la possibilità di esplorare il mondo della comunicazione del vino e di valorizzare le opportunità che mi si presentano potendole condividere con chi, magari, al momento ancora non le ha. 

Ufficialmente Enologa!

Il 4 aprile 2023 sono diventata Dottoressa in Enologia e Viticoltura all'Università Statele di Milano e rimarrà per sempre una giornata impressa nella mia memoria.

Da mesi lavoravo alla mia tesi:
Produzione ed evoluzione del mercato del vino rosé

Più cercavo e meno trovavo... Possibile che esistevano pochissime tesi a tema rosé, contabili sulle dita di una mano (anche meno), e che queste riguardassero solo e unicamente una denominazione di origine di un rosato italiano o di una zona di produzione senza trattare un argomento più ampio o sulla vinificazione o sul suo mercato?


Ben presto, come mi aveva avvertita il mio relatore, ho capito il perché...


Perchè reperire dati su questa tipologia di vino è praticamente impossibile, basti pensare che non esiste ancora un codice doganale unico e che quindi i dati economici del vino rosato vengano considerati congiuntamente a quelli del vino rosso. Questo perchè da definizione OIV si distingue solo il vino bianco da quello non bianco. Durante la stesura della tesi, dopo lunghe e accurate ricerche, ho raccolto diversi documenti molto interessanti come quelli presi dall'Osservatorio Mondiale dei Rosé che tracciano l'evoluzione della produzione, del consumo, dell'esportazione e dell'importazione sia in volume che in valore. Dedicherò un articolo a se stante con 10 interviste che ho realizzato in diverse cantine in giro per l'Italia e tre interviste fatte a enoteche e a un agente venditore di vino per aggiornarvi sull'incremento dell'interesse e delle vendite di questo prodotto.

La scelta di scrivere questa tesi è nata principalmente dalla curiosità e dalle riflessioni che questa categoria di vino mi ha portato a fare, infatti, in questi anni ho incontrato viticoltori, enologi, cantinieri, venditori e consumatori che hanno idee molto diverse a riguardo. Qualcuno lo definisce come un vino con una propria identità, qualcun'altro come un ‘non vino’ fino ad arrivare a chi pensa sia solo e unicamente un assemblaggio di rosso e bianco. Durante l’esperienza in cantina ho avuto la possibilità di poter assistere e contribuire alla vinificazione di un vino rosé: il Rosa di Ceparano presso Fattoria Zerbina. Ogni giorno me ne prendevo cura e miei momenti preferiti in cantina erano proprio i prelievi di mosto per verificare i gradi Babo perchè dalle vasche fuoriusciva un profumo inebriante di fragoline e frutti di bosco, dolce ma allo stesso tempo stuzzicante. Ciò che più ha destato il mio interesse è il fatto che fino a non molti anni fa era un prodotto di gran lunga marginale, c’era ma non se ne parlava molto, anzi, la disinformazione spesso la fa ancora da padrone. Anche a lezione, quando abbiamo studiato le vinificazioni, non abbiamo mai veramente parlato del rosé se non per qualche esempio, come per spiegarci tecniche che prevedevano l’utilizzo di ghiaccio secco prima della pressatura.

Ma il vino rosé come ha fatto in questi anni ad acquisire sempre più popolarità e cominciare ad essere prodotto da cantine che hanno una linea di produzione completamente diversa e già affermata? L’aumento progressivo dei consumi è indice di una tendenza, di un riconoscimento di uno stile o di un completamento di gamma delle etichette di una cantina? Proprio in tirocinio universitario ho capito quanto il rosé italiano sia molto richiesto all’estero e di come la maggior parte di noi ne trascuri l’esistenza. Molti importatori chiedono alle cantine di produrlo per soddisfare la richiesta del proprio mercato, e molte di queste, per non perdere volumi importanti sulle quote di mercato offerte da questa tipologia di vino, sperimentano fino ad ottenere un prodotto soddisfacente, talvolta buono, talvolta meno. Questo approccio generalizzato però non sembra giovare ad aziende che lavorano unicamente con questo prodotto, che hanno maturato una lunga storia e cultura a riguardo.

Lo scopo del mio elaborato è quello di cercare di capire chi e come produce il vino rosé e come il suo mercato di riferimento si sia
evoluto negli ultimi anni. Nella tesi si è parlato del vino rosé, delle sue varianti e tipologie, di come questo venga prodotto e del suo mercato che negli ultimi vent’anni è cresciuto ed è ancora in espansione. Questo motivo lo rende un vino che merita uno studio e un’attenzione sempre maggiore. Il rosato sembra una tipologia di vino che può venire in aiuto, soprattutto a quelle cantine che producono grandi rossi, per fidelizzare il cliente, anche d’estate offrendo un’alternativa e per accontentare anche il consumatore estero che trascorre le vacanze in Italia. La produzione italiana è principalmente di un rosato che deve avere caratteristiche precise, come una buona acidità e un buon profilo aromatico. I rosé più strutturati si lasciano a cantine che sono dedite alla produzione di un rosato più nobile e destinato anche ad invecchiare. Negli ultimi vent’anni sempre più cantine hanno cominciato a produrlo, c’è chi lo ha incluso da subito nei vini da realizzare una volta acquistata o rilevata la cantina, e chi invece dopo attente analisi sia in campo che sul mercato ha deciso di vinificarlo. Dai dati raccolti derivati dalle interviste è emerso: per quanto riguarda la produzione, che la maggior parte delle aziende sono allineate sul tipo di vinificazione e sui principi scelti. Mentre qualche rara cantina non ‘’usa’’ il vino rosé ma lo produce secondo alti standard qualitativi e tecnologici valorizzando ed esaltando tutte le sue caratteristiche con piena consapevolezza senza curarsi delle tendenze stagionali di mercato, ma presentando un vino longevo e con il proprio carattere, senza scendere a compromessi.

Per tutte le cantine intervistate il ruolo della visita in cantina è
più che fondamentale, è semplice stupire il visitatore con questa tipologia di prodotto. Come si diceva dallo studio del professor Gaeta, la percezione del consumo di rosé è diversa da quello reale perché localmente le cantine ne vendono molto, ma nonostante la mancanza di conoscenza del prodotto e ancora vi è la resistenza, specie all’acquisto in enoteca, che il consumatore ha nei confronti dei rosati. Non a caso la domanda principale che il visitatore fa in cantina è: ‘‘Non è fatto mischiando rosso e bianco?’’ perché se tutti hanno chiaro che generalmente il vino rosso arriva dalle bacche rosse e quello bianco da quelle bianche non lo è affatto per il rosé, dove la deduzione è tutt’altro che scontata. Questo scatena curiosità ed entusiasmo nel visitatore che sicuramente viene segnato da un ricordo, un’emozione positiva portandolo verso l’acquisto o a consumare il vino in situazioni quotidiane. Nicole Vezzola sostiene che: ‘‘È più semplice educare e informare che rompere un pregiudizio culturale’’. Motivo per cui la loro azienda, che ha raccolto più di 2500 visitatori nel 2022, si sta muovendo, in alleanza col Consorzio Valtènesi e con il Civp-Conseil Interprofessionel des Vins de Provence per attuare una rivoluzione culturale sui rosé, per modificare il percepito da ‘‘colore a vino’’. Il destino dei vini rosa è quello di distaccarsi dai numerosi pregiudizi che alimentano la loro immagine, basti pensare che per gli Champagne, ad esempio Cristal, la versione rosé costa circa il doppio. È stato sottolineato come il consumo sia prettamente stagionale e dopo aver chiesto alle cantine intervistate se si trovassero d’accordo con l’affermazione: ‘‘Il rosè è un vino stagionale’’ la maggior parte dopo una breve pausa ha ripotato che si, lo è per il mercato ma per chi lavora con il vino non lo è.
Certo, come il vino bianco trova maggior consumo nei mesi afosi e d’inverno lascia posto a vini più caldi e strutturati ma che con i giusti abbinamenti, come con pesce, pizza, cucina internazionale ed asiatica, è un vino che si presta ad essere apprezzato tutto l’anno. Non fa ancora propriamente parte dei nostri consumi ed abitudini, al sud è molto più consumato perché c’è una storia più antica della vinificazione del rosé. La sfida, per alcune cantine è e sarà quella di far conoscere sempre di più questo prodotto e integrarlo nella nostra cultura a tutti gli effetti, il sogno per molti produttori è quello, un giorno, di ricevere visitatori più informati sul tipo di vinificazione e sul consumo legato a questo vino. Per una cantina la sua produzione sembra dunque conveniente, anche per chi non ha una grande conoscenza di questo vino. Con qualche accortezza si può arrivare ad avere un prodotto valido, e come dimostrato è facilmente vendibile anche a fronte di fasce di prezzo più o meno alte. Il mercato potenziale sembra ancora in crescita, oltre che per quelli già consolidati anche per mercati come la Scandinavia e l’Asia. Inoltre, nell’ elaborato è stato riportato come il CIPV ha previsto un ulteriore aumento del 50% del consumo di rosé entro il 2035, rispetto ai circa 24 milioni di ettolitri attuali, dato che porta i produttori verso un futuro roseo.

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